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Aretino, Pietro.

Letterato italiano. Trascorse gran parte della sua infanzia e della sua adolescenza a Perugia, dove si dedicò, oltre che alla letteratura, anche alla pittura. Trasferitosi a Roma nel 1517, divenne un assiduo frequentatore della corte di Leone X, ove entrò in contatto con altri letterati quali Bibbiena e Bembo, con diplomatici, nobili e altre personalità. Acquistò rapidamente la fama fino alla morte di Leone X (avvenuta nel 1521), dopodiché si distinse come autore scandalistico di "pasquinate", ovvero libelli estremamente satirici da lui scritti in occasione del conclave dal quale venne eletto, in modo del tutto inatteso, il fiammingo Adriano VI. Allontanatosi per precauzione da Roma, vi ritornò nel 1523 all'elezione del papa mediceo Clemente VII. A causa dell'ostilità di alcuni suoi nemici e in particolare del datario apostolico Giovan Matteo Gilberti (il quale fu anche il mandante di un tentato omicidio dell'artista), fu costretto ad abbandonare la città (nel 1525), rifugiandosi dapprima presso Giovanni dalle Bande Nere, quindi presso il marchese di Mantova Federico Gonzaga. A partire dal 1527 visse a Venezia, dove trovò un ambiente ideale per lo sviluppo della sua personalità e per la diffusione delle sue opere. Tiziano, che ci ha lasciato uno splendido ritratto dell'A., gli fu amico, all'opposto di Michelangelo che dichiarò invece di non stimarlo. Fu protetto da nobili e sovrani, tra cui Carlo V, timorosi del credito che le sue opere trovavano presso l'opinione pubblica. L'A. fu, in sintesi, scrittore di vivacissimo ingegno e di grande versatilità, colorito e "linguacciuto". Tra le sue opere citiamo: i Ragionamenti, le Lettere, i Dialoghi e le commedie Cortegiana, Marescalco, L'ipocrita, Talanta e Filosofo. Nei Ragionamenti, spinti fino alla più cruda oscenità, e nelle commedie, l'artista dipinse la vita del Cinquecento, così come la poteva vedere il suo spirito caustico e arguto. Le commedie di A. sono fra le più rappresentative del tempo per la vivacità dei dialoghi e dei tipi rappresentati, oltre che per il colorito gusto delle singole scene. Nella tragedia l'Orazia, Ginguené riscontra il "primo esempio delle tragedie storiche a grande spettacolo e di grande movimento, di cui Shakespeare, apparso cinquant'anni dopo, passa per l'inventore, e tra cui mescola grossolanità e licenziosità di ogni genere, assenti invece in questa Orazia". L'A. è maestro nel particolare; ogni sua pagina è curata e in un certo senso antologica. Quello che gli manca è l'unità architettonica dell'insieme, la visione complessiva e distaccata del mondo ritratto. L'arte dell'A. è più scintillante che solida, specchio fedele di un uomo il cui mondo interiore risponde perfettamente al suo tempo (Arezzo 1492 - Venezia 1556).
Pietro Aretino ritratto da Tiziano (Firenze, Galleria palatina)